Questa volta i nostri eroi dalla pelle gialla l’hanno fatta grossa, facendo arrabbiare le autorità brasiliane. Vediamo cosa è successo.
Un paio di battute che potrebbero rivelarsi costose: non è piaciuto all’Ente del turismo del Brasile un episodio dei Simpson che vede la più famosa famiglia televisiva degli Stati Uniti partire da Springfield alla volta di Rio de Janeiro.
L’umorismo e l’ironia sono alla base del celebre cartone animato, ma secondo le autorità brasiliane, Homer e compagni questa volta hanno esagerato causando un incidente diplomatico: la puntata in questione ha infatti infastidito anche il presidente Fernando Henrique Cardoso. «Blame it on Lisa» (dai la colpa a Lisa) era il titolo dell’episodio visto la settimana scorsa da circa 11 milioni di statunitensi. Lisa, la figlia coscienziosa di Homer e Marge, vuole conoscere l’orfano che sta sponsorizzando e viene accompagnata a Rio da tutta la famiglia.
Ma ai Simpson ne capitano di tutti i colori: papà Homer viene rapito all’arrivo da un tassista. Quando per riprendersi va a prendere un succo di frutta in un bar con il figlio Bart viene scippato da una banda di bambini. Sulla spiaggia di Copacabana lo stesso Bart è poi aggredito da una scimmia, ma si consola, tornato in albergo, guardando in tv un programma per l’infanzia presentato da una spogliarellista.
Troppo per l’Ente del turismo di Rio, che da poco ha speso circa 20 milioni di euro, per promuovere la città all’estero. I Simpson, accusano, hanno danneggiato l’immagine della città». La puntata «avrà drammatiche conseguenza sul turismo». E non è solo l’uso e l’abuso di stereotipi a irritare le autorità, bensì anche diversi errori. Marge per tornare in albergo prende un «conga», che non è un mezzo di trasporto ma una danza caraibica. La famiglia completo va in una scuola di ballo ad imparare la macarena, (in Brasile poco diffusa), ma viene conquistata dalla ben più sensuale «penetrada», che non esiste. Secondo il presidente Cardoso il cartone animato «ha dato un’immagine distorta della realtà brasiliana».