di Renato Reggiani
Universinet.it – Il corriere della sera pubblica una incredibilmente dettagliata guida a come “diventare professore” imbrogliando. Spiega passo passo, un vero WikiHow, come e cosa fare per diventare associato e ordinario.
Ma se tutti sanno come si imbroglia, perchè non si applicano le regole anticorruzione invocate dal commissario Cantone o se ne creano di nuove?
Il problema è la mentalità, per moltissimi docenti, raccomandare un proprio ricercatore, o “schiavo” secondo alcuni “discepolo” per altri, è perfettamente normale. Si invocano le antiche “scuole”, i pitagorici, la scuola di Salerno, via Panisperna… Ma cosa c’entra? Qui sitratta solo di raccomandazione. Però anche i giornalisti dovrebbero mettersi una mano sulla coscienza, troppi sono nelle redazioni i figli di, i nipoti di qualcuno, le amanti o le mogli di personaggi diversamente famosi. Oggi esiste una nuova “schiavitù della penna”, una sorta di “servi della carta stampata” che per poche decine di Euro scrivono decine o centinaia di articoli nella speranza o chimera di una assunzione che sfugge sempre.
Il problema non è l’università ma l’Italia. Un paese corporativo nel midollo ma senza regole condivise per le corporazioni.
Forse l’unica idea sensata sarebbe quella di istituire il corso universitario in “Scienze della raccomandazione” e legalizzare la pratica normandola, magari la situazione migliorerebbe rispetto ad oggi.
da il Corriere della Sera di Valentina Santarpia
Dopo lo scandalo cinque anni fa delle riviste improbabili selezionate dall’Anvur per valutare gli scritti degli aspiranti docenti, gli esperti hanno reso, almeno all’apparenza, molto più difficile conquistare quei punteggi necessari per candidarsi all’abilitazione scientifica nazionale, e quindi aspirare a un posto da professore all’università.
Ma, come è noto, fatta la legge, trovato l’inganno. E così anche oggi il sistema di accreditamento ha le sue falle. A partire proprio dalle pubblicazioni. Se nelle materie scientifiche, da matematica a medicina, sono le citazioni dei propri lavori a contare, nelle materie umanistiche e in settori come giurisprudenza o economia valgono tre criteri: i libri scritti, le pubblicazioni, e quante di queste sono ospitate da riviste considerate di qualità. Servono almeno due elementi su tre.Come fa un aspirante professore a pubblicare?
Prima di tutto deve mandare il proprio lavoro all’editor della rivista, che a sua volta lo sottoporrà ai revisori anonimi. Questo meccanismo è usato anche nelle riviste internazionali, dove però la revisione viene affidata a ricercatori, dottorandi o professori. In Italia si ritiene doveroso far valutare il testo solo ad un docente associato o ordinario. Ma c’è un’altra, più evidente differenza: in un ambiente ristretto come quello italiano è facile che revisore e direttore della rivista conoscano chi sta presentando il lavoro.
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La commissione indipendente è sicuramente una garanzia, ma deve tener conto dei criteri oggettivi delle citazioni e delle pubblicazioni. C’è sempre il controllo successivo degli atti, ma documenti e motivazioni restano online solo 60 giorni. In ogni caso, anche superata l’abilitazione, resta il concorso. Se il bando viene scritto a immagine e somiglianza del candidato prescelto, il posto è praticamente suo. E se si presenta qualcun altro? Come nel caso del ricercatore che ha fatto partire l’indagine, lo si dissuade dal partecipare. «Nel suo interesse», ovviamente.