Barbara Schiavulli, freelance tra i pochissimi giornalisti italiani presenti ad Haiti durante il recente golpe, racconta agli studenti la sua esperienza al convegno giornalisti di guerra… Io sono una freelance, in genere lavoro solo in zone di conflitto dove succedono eventi straordinari, tipo il terremoto che c’é stato a Bam dopo Natale.
Per un freelance é molto difficile, perché la guerra costa, quindi cerco di fare tutto quello che fanno gli inviati, però lo devo fare a spese mie. Così i tre quarti della missione che svolgo all’estero servono a recuperare i soldi che io spendo. Il viaggio, l’albergo, il traduttore, la macchina, il satellite, le telefonate, il giubbotto antiproiettile il mangiare: ogni articolo che io scrivo, ogni collegamento televisivo, serve a spuntare qualcosa da questa lista.
Dopo qualche tempo, quando ho recuperato tutto allora comincio veramente a guadagnare e allora posso fare il giornalismo come mi piace farlo: per la maggior parte del tempo mi sento una mercenaria.
L’esperienza per me più significativa é stata quella di Haiti perché é andata veramente bene.
Io stavo per partire per Teheran, dove c’erano le elezioni – io mi occupo spesso, quasi esclusivamente, di Medio Oriente, anche se sono stata diverse volte in Afghanistan che é uno dei miei posti preferiti.
Però una mattina navigavo in Internet – i freelance passano la maggior parte del tempo in Internet a cercare storie, notizie, contatti – e ho letto un pezzetto che parlava di Haiti. E mi sono detta che a Teheran stavano andando tutti – quindi avrei dovuto sicuramente lavorare con i soliti giornali con l’ausilio di un inviato, che avrebbero sicuramente mandato perché questa era forse la storia più grossa del momento dopo l’Iraq, l’Afghanistan e Israele che sono le tre storie principali di solito.
Sapevo che ad Haiti c’era il Corriere della Sera e che questo mi avrebbe dato la rilevanza giornalistica: nel senso che se io sono lì ed escono anche pezzi sul Corriere della Sera, sicuramente qualcun altro mi vuole.
Quindi ho preso e nel giro di un giorno sono partita; sono arrivata a Port-au-Prince e ho avuto fortuna, perché avrebbero potuto trascorrere mesi, invece nel giro di tre settimane Aristide se n’é andato e quindi c’é stato il colpo di stato, sono arrivati i ribelli ed io mi sono ritrovata a lavorare per otto testate…
NB: questo é soltanto un abstract dell'intervento di Barbara Schiavulli…
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