Il ministero dell’Istruzione ha presentato le nuove linee guida per la prova di italiano nell’esame di terza media; presto seguiranno indicazioni simili per la maturità. Le linee guida, che sono il frutto del lavoro di una commissione guidata da uno dei nostri migliori esperti, Luca Serianni, infrangono uno degli ultimi tabù della nostra scuola: il tema letterario, da sempre principale cimento per tutti gli studenti. Il gruppo di lavoro propone infatti di sostituirlo con tre tipi di prova: una sintesi ragionata degli elementi essenziali di un testo; una narrazione costruita a partire da elementi forniti dal docente (ad esempio, un incipit o un breve racconto da variare, reinterpretare o arricchire); l’argomentazione di una o più tesi, magari fra loro contrapposte. Si tratta, appunto, di suggerimenti, che le commissioni d’esame dovranno poi declinare nella pratica e su cui i docenti delle medie (e, domani, delle superiori) dovranno costruire la preparazione degli studenti durante l’anno: ponendo una fortissima enfasi sulla corretta comprensione dei testi, premessa indispensabile di qualsiasi esercizio di pensiero e di scrittura, oggi troppo spesso trascurata, come dimostrano le rilevazioni internazionali.
Le linee guida consolidano tendenze già in atto: si pensi alla nuova forma della prova di italiano della maturità, che ha affiancato testi sintetici e commenti al classico tema – che rimane comunque l’opzione preferita dagli studenti. È facile prevedere che le novità saranno accolte dal solito fuoco di sbarramento di chi ritiene intoccabile la scuola che ha frequentato quarant’anni fa e difende un’astrattissima visione della creazione linguistica. Sarebbe però un errore non cogliere la portata delle idee proposte dalla commissione ministeriale. Lo svolgimento dei temi – su soggetti spesso ampi e mal definiti – rispecchia infatti una scuola che privilegia la capacità di scrittura letteraria, l’erudizione, l’argomentazione retorica. Questo tipo di scuola è stata sicuramente capace di generare grandi scrittori e scienziati, letterati, giornalisti di spicco: ma si è trattato di minoranze esigue. Quanti hanno utilizzato la forma del tema nel loro lavoro e nella vita quotidiana? Molto pochi, c’è da scommettere, anche fra coloro che della scrittura creativa hanno fatto una professione.
Per contro, riuscire a sintetizzare un discorso, un testo, cogliendone i nessi fondamentali, è una competenza essenziale al mondo d’oggi, in cui prevale una (eccessiva) tendenza alla semplificazione di questioni complesse. Analogamente, a meno che uno non sia Joyce, «creare» testi nel rispetto di una serie di vincoli è assai più difficile e oggi utile che scrivere seguendo liberamente il flusso dei propri pensieri. Infine, ed è forse la parte più preziosa della proposta ministeriale, riuscire ad argomentare logicamente date determinate premesse – anche quando non si è d’accordo con la tesi – e capire che, se mutano le premesse, si modificano anche le tesi è una delle aree in cui la scuola italiana è più carente. In altri sistemi scolastici sono diffuse le lezioni di logica argomentativa, le debating chambers, in cui gli studenti si confrontano su tesi opposte, dissezionando i vari passaggi del discorso, valutandone la plausibilità e la correttezza, proponendo argomentazioni contrarie o alternative. Pars destruens e pars construens. Da noi prevale l’idea di didattica trasmissiva, per cui quello che sostiene il docente è una verità ricevuta: non ci si allena ad analizzare criticamente tutto quello che viene insegnato. Certo, l’argomentazione logica spesso richiede di essere rivestita di una capacità retorica, di convincimento, in cui la nostra scuola ancora eccelle: ma senza il rigore critico sottostante, rischia di restare vuota o – peggio – ingannevole.
Ben vengano dunque le nuove prove di italiano, in un’epoca in cui siamo circondati da fake news e false retoriche: se i docenti sapranno seguire le indicazioni, avremo compiuto un passo avanti nello sviluppare la coscienza critica dei ragazzi.
“da LaStampa.it”