di Maricetta Agati
Universinet.it – Cinecittà. Mecca di attori veri o aspiranti, fabbrica di miraggi lucenti, specchio incantato che coglie nel tuo viso comune l’espressione vincente di una star. Anche i più scettici e razionali, coloro che «Lo show-business è tutto illusione e superficialità, pronto a scaraventarti nella polvere se non scendi a compromessi», anche loro, lo ammettano o no, hanno sognato di farvi parte; forse in sordina, frenati dai ‘si dice’ più o meno crudeli sull’ambiente dello spettacolo. Noi abbiamo provato a spogliarci di pregiudizi e diffidenza e con questo nuovo candore abbiamo cercato per voi la verità della celluloide.
Il primo problema per chi voglia anche soltanto respirare l’atmosfera di Cinecittà lo si incontra all’entrata. Appena oltrepassata la grande insegna da paese dei balocchi cominciano i guai per chi non sia già atteso per un casting, una prova costume o un altro appuntamento. Nel piccolo ufficio reception addetto agli ingressi non vogliono saperne di fare eccezione per noi, una giornalista e un fotografo che si spacciano per due aspiranti talenti da valorizzare: «Gli studios non sono aperti al pubblico. Se non avete un impegno di lavoro non possiamo rilasciare ‘passi’».
Ma come facciamo, restando fuori, a procacciarci una parte o soltanto una comparsata? Cerchiamo, se non altro, di sapere se qualche casting è aperto, ma ci scontriamo con lo stesso muro di ostilità. I capigruppo vogliono essere i soli a gestire questo tipo di notizia. Torniamo a noi, cacciati – anzi non ammessi – dal paradiso terrestre. Con notevole faccia tosta non molliamo la presa e restiamo accanto al motorino incuranti degli sguardi seccati. Il mio sguardo in cerca d’illuminazione incrocia quello di un signore barbuto che ha l’aria di saperla lunga; un breve cenno del suo mento e ci fermiamo poco più in là con lui, mentre decine di attori, figuranti e quant’altro cercano di passare sui nostri cadaveri per ottenere i loro permessi d’entrata.
Tutti ci sembrano sapere bene dove sono diretti, ma come avranno fatto la prima volta? Il nostro nuovo complice lavora qui da vent’anni e conosce un po’ tutti. Ci spiega che anzitutto dobbiamo iscriverci al Collocamento dello Spettacolo come generici. «È il primo, indispensabile passo obbligatorio per chiunque.» Sarà sufficiente per lavorare? Domandiamo con uno sguardo spaesato, e naturalmente la risposta è «Lavorare è tutta un’altra storia. Soprattutto, non c’è una formula uguale per tutti. C’è chi studia recitazione e ha una marcia in più, una preparazione che non guasta mai». Il ‘colpo di fortuna’ però, oggi come un tempo, capita anche a chi si avvicina allo spettacolo in modo quasi casuale. Comunque, per avere una chance sono indispensabili le fotografie. Come minimo una a figura intera e un primo piano del viso, completate dai dati salienti (altezza, taglia, colore degli occhi e dei capelli)».
A questo punto esistono almeno due diverse trafile. La più comune – e ci sembra anche la più comoda – è quella delle agenzie. Una volta affidate loro le foto, l’artista non deve far altro che attendere, perché sarà l’agenzia a entrare in contatto con le produzioni e fare appuntamento per eventuali provini. L’alternativa, forse proponibile soltanto a chi abiti a Roma e dintorni, è presentarsi a Cinecittà con le foto e chiedere dei capigruppo i quali sembrano avere un certo potere anche per coordinare il lavoro degli attori. Torniamo però al solito problema: come fa un illustre sconosciuto a farsi ricevere dai capigruppo? «Effettivamente, sarebbe meglio avere un amico, per esempio una comparsa, che faccia da intermediario», ammette lui, «o almeno chiedere espressamente di Spoletini o di Proietti». Nell’udire questi due nomi si fanno antenne le orecchie di una biondina graziosa che stava ascoltando facendo finta di leggere. «Sì, sì, rivolgetevi ad uno di loro, se lo trovate…». Di solito, sembra, sono impegnati sui set. La ragazza è figurante nel film in lavorazione di Martin Scorsese con Leonardo Di Caprio. Ma non si è montata la testa, anche perché «le comparse reclutate sono circa diecimila», forse troppe per riuscire a spiccare, ma non per poter dire «c’ero anch’io». È un’occasione che, come si dice, «fa curriculum». Sottovoce ci confida che il vero motivo del nostro mancato ingresso di stamani è proprio lui, il regista che diresse L’età dell’innocenza. «Non vuole essere disturbato mentre gira; soprattutto, ha il terrore che le scene vengano viste o addirittura fotografate prima dell’uscita del film.»