Trovare casa è una delle preoccupazioni maggiori per gli studenti universitari: ecco le norme che regolano il contratto d'affitto. Nei comuni sedi di università o di corsi universitari distaccati, nonché nei comuni limitrofi, gli accordi territoriali devono disporre contratti tipo per soddisfare le esigenze abitative di studenti universitari fuori sede, e quindi iscritti ad un corso di laurea in un comune diverso da quello di residenza, da specificare, quest’ultimo, nel contratto stesso.
I contratti ricadenti in questa fattispecie hanno una durata minima di sei mesi e massima di trentasei mesi e possono essere sottoscritti sia dal singolo studente sia da gruppi di studenti universitari fuori sede o dalle aziende per il diritto allo studio.
I contratti tipo e i canoni di locazione sono definiti in base agli accordi locali: il canone di locazione, unitamente alle altre condizioni contrattuali, è convenuto in base ai criteri generali determinati nell’ambito degli accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative che provvedono, inoltre, alla stesura dei contratti tipo, ai sensi di legge e del decreto del Ministro dei lavori pubblici di concerto con il Ministro delle finanze, del 5 marzo 1999, contratti che devono essere obbligatoriamente adottati dalle parti e che, unitamente agli accordi territoriali, sono depositati presso ogni comune. In base a tali accordi, all’interno di ogni comune vengono delimitate delle microzone censuarie, insiemi di aree aventi caratteristiche omogenee e per ciascuna di dette zone urbane omogenee vengono stabilite fasce di oscillazione del canone di locazione individuando i valori minimi e massimi espressi in lire/mq utile o, eventualmente, secondo gli usi locali. All’interno delle dette zone urbane le parti contraenti private, assistite su loro richiesta dalle organizzazioni sindacali –trattandosi in ogni caso di assistenza facoltativa e quindi non obbligatoria – devono concordare il canone effettivo di locazione per l’unità immobiliare oggetto del contratto tenendo conto di elementi oggettivi relativi all’immobile e mediante l’applicazione di coefficienti di differenziazione, cioè numeri moltiplicatori, espressi in percentuale, che si utilizzano nella determinazione del più probabile valore di mercato di un immobile per correggere in aumento o in diminuzione le quotazioni medie.
COME SONO REGOLATI I CONTRATTI DI LOCAZIONE DI NATURA TRANSITORIA
L’art. 5 e la convenzione nazionale 8 febbraio 1999 di cui all’art. 4, comma 1, della legge 431/1998 regolano i contratti conclusi per soddisfare esigenze abitative di natura transitoria, nonché per soddisfare esigenze abitative di studenti universitari.
LA LEGGE DI RIFORMA DELLE LOCAZIONI ABITATIVE
La legge 9 dicembre 1998, n. 431, “disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili ad uso abitativo”, si applica a tutti i contratti stipulati o rinnovati successivamente alla sua entrata in vigore e quindi dal 30 dicembre 1998, con alcune esclusioni che riguardano: gli immobili vincolati ai sensi dell’abrogata legge 1° giugno 1939, n. 1089, oggi sostituita dal D.Lgs. n. 490/1999; quelli inclusi nelle categorie catastali A/1 (abitazioni di lusso), A/8 (ville) A/9 (castelli e palazzi di eminenti pregi artistici e storici), che sono sottoposti esclusivamente alla disciplina di cui all’articolo 1571 e seguenti del codice civile, salvo che i relativi contratti di locazione non siano stipulati dai locatori secondo le modalità previste dall’art. 2, comma 3 della legge e quindi mediante un canone concordato tra le associazioni sindacali della proprietà edilizia e dei conduttori, con relativi benefici fiscali gli alloggi di edilizia residenziale pubblica e gli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche.
Sono inoltre esclusi dalla legge i contratti di locazione stipulati dagli enti locali in qualità di conduttori per soddisfare esigenze abitative di carattere transitorio.
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