UniversiNet.it – Apre i battenti a Bologna il primo museo dedicato alla storia degli studenti universitari d’Europa (Meus). Dalla quattrocentesca matricola miniata con il nome di Nicolao Kopperlingk (Niccolò Copernico 1.473-1.543) – l’astronomo polacco, allora allievo all’Università di Bologna, che avrebbe dimostrato al mondo che è il sole, e non la terra, al centro delle orbite dei pianeti vicini – al Maggio francese e al ruolo degli universitari nel movimento del ’68: una raccolta che illustra la storia, lunga nove secoli,
della presenza e delle tradizioni studentesche nelle principali città universitarie del continente. Sabato 28 marzo, alle 17, un incontro pubblico con lo showman Renzo Arbore, simbolo nazionale della goliardia, presso la Sala VIII centenario di Palazzo Poggi (via Zamboni, 33), precederà l’apertura alle visite del museo, ospitato nello stesso palazzo, con ingressi scaglionati di non oltre 25 persone (ingresso gratuito, apertura ordinaria da 31 marzo: mar-ven 10-13/14-16; sab e dom 10.30-13.30/14.30-17.30; www.archiviostorico.unibo.it/museostud; tel. 051 2088545, as.meus@unibo.it).
“Quella di Bologna è ‘università studentesca’ per eccellenza: è il posto ideale per un museo come questo” sottolinea Gian Paolo Brizzi, professore di storia e direttore del Meus. “L’Alma Mater, che oggi è prima in Italia per studenti fuori sede e in Europa per studenti Erasmus, non solo è l’ateneo più antico del continente (1.088 la fondazione), ma nacque, a differenza di altre blasonate accademie fondate da papi e re, proprio come associazione di studenti”. E a ricordare quanto gli studenti fossero centrali, tempi addietro, nella vita dell’ateneo, una stele all’ingresso del museo elenca i nomi dei circa 540 “rettori degli studenti”, cioè di quegli studenti che ricoprirono il ruolo di rettore dell’università di Bologna, prima che la funzione passasse a delegati ecclesiastici e, quindi, a docenti.
I pezzi esposti sono circa 300, scelti tra le migliaia di cui l’Università dispone, reperite per lo più da antichi fondi archivistici, donazioni e antiquari. Le numerose collezioni comprendono tra l’altro cospicue raccolte di oggettistica (calici, vassoi, porcellane, boccali, medaglie, monili, statuette, pipe, portafortuna), abbigliamento (berretti, cappelli, coccarde, distintivi, divise, foulard, mantelli, scarpe, toghe), grafica (cartoline, disegni, fotografie, diplomi, litografie, locandine, mappe, papiri, silhouettes, stemmi), ma anche bauli, lampade, scrittoi, sedie, tavolini, pergamene, carteggi, codici, diplomi di laurea, regolamenti amministrativi, editti, inviti, libretti universitari di iscrizione, programmi di feste studentesche, quaderni, sigilli, Stammbücher. Il museo conserva inoltre importanti materiali relativi alla natione degli studenti tedeschi dell’Università di Bologna: oltre al fondo antico con le matricole miniate quattrocentesche che vantano i nomi di Niccolò Copernico e dell’imperatore Ferdinando II, i libri amicorum (testimonianze della vita associativa degli studenti), e oggetti della vita quotidiana, dal boccale per la birra alle stoviglie in porcellana finemente decorate. Una ricca esposizione di oggetti documenta inoltre la mensur, duello rituale all’arma bianca, il rito della depositio, antica cerimonia di iniziazione, e ancora la musica e il canto con le preziose edizioni ottocentesche dei Kommersbücher.
Il percorso di visita si articola in cinque sezioni dedicate all’identità studentesca, alla vita quotidiana e alla disciplina intellettuale e fisica, all’ingresso delle donne, alla partecipazione politica, alla goliardia e alle tradizioni studentesche. Le didascalie in italiano e inglese sono affiancate da schermi interattivi per approfondimenti tematici e più avanti saranno corredate da un’audioguida. Appena entrati, in una saletta laterale, è possibile consultare a monitor i nomi dei quasi 400mila laureati all’Università di Bologna dal 1.378 al 2007. I primi studenti erano anzitutto comunità di stranieri, ed ecco quindi che tra i reperti più antichi della prima sezione si ritrovano dizionari multilingue e frasari accanto ad un antico codice del 1.564 sui Privilegi degli studenti di Padova, cioè un documento ufficiale che regolava i rapporti tra città e studenti e proteggeva questi sottraendoli alla giurisdizione delle autorità locali, e affidandoli a quella di figure interne della comunità accademica, quali appunto il rettore. Molto ricca la sezione sulla vita quotidiana, che include persino la ricostruzione fedele della cameretta di uno studente tedesco di fine ‘800 inzio ‘900, sulla cui scrivania giace una letterina originale in cui si domandano soldi a mamma e papà. Più avanti la passione specialmente anglosassone per lo sport universitario, quella specialmente francese per la competizione meritocratica, e quella specialmente germanica per i duelli. Si procede quindi alla sezione sulle donne all’università, dove una grande mappa mostra le prime laureate (Lucrezia Cornaro Piscopia, laurea in legge nel 1.678 all’Università di Padova, ma lei avrebbe voluto fare medicina, all’epoca giudicata però troppo maschile) e gli atenei europei che per primi le ammisero in pianta stabile: proprio quello di Bologna figura tra i più arditi, ammettendo le donne addirittura all’insegnamento pubblico. Il coinvolgimento degli studenti con la vita politica è illustrato dalla loro partecipazione alle rivoluzioni nazionali e liberali del XIX secolo: sono esposte due daghe (tipo di spada corta) disegnate dal grande pittore Jacques-Louis David (1.748-1.825), la prima coccarda con i colori adottati poi dalla Repubblica Cispadana di fine settecento, armi, copricapi studenteschi di foggia militaresca. In questa parte del museo è possibili documentarsi sulla partecipazione degli studenti nella Rivoluzione francese, nel Risorgimento italiano, nei moti del 1848, pro e contro i regimi totalitari (organizzazioni partigiane, Rosa Bianca, ecc.) e, più tardi, nel movimento di contestazione del ’68. Conclude il percorso di visita un’ampia sala dedicata alle tradizioni, alle espressioni culturali e al folclore degli studenti dagli ultimi decenni del XIX secolo fino ad oggi e non poteva mancare qui il richiamo alla goliardia: l’emblema di quella bolognese, il fittone originale, dopo essere stato custodito per quasi mezzo secolo in una stanza blindata, è qui esibito sotto una pioggia di cappelli che richiamano le tradizioni goliardiche di numerosi Paesi europei. Attraverso la tastiera di un jukebox si potranno scegliere filmati di imprese scanzonate (es. scalata di via Rizzoli, 1964); alle pareti foto di teatro studentesco e momenti salienti della goliardia locale; dietro le teche manti, vestiari, feluche e oggetti vari collegati ai riti della vita goliardica.