Roma-Studio, lavoro e divertimento, il Professor Domenico De Masi, intervistato da Universinet magazine.
ROMA – “Erano anni in cui sentivamo la gioia e l’entusiasmo per la ricostruzione. Tutti parlavano del futuro. Dall’ altro lato, però, avevamo paura perché, abituati per vent’anni ad avere tutto codificato ed ordinato, ora dovevamo affrontare una situazione completamente nuova. C’era una povertà diffusa e l’analfabetismo raggiungeva il 60% della popolazione”.
Inizia con un racconto sulla sua esperienza da studente negli anni del dopoguerra, il nostro incontro con il Domenico De Masi, già docente di Sociologia del Lavoro, ed entusiasta dell’uomo e delle nuove tecnologie. “Io sono di quelli che hanno una forte curiosità di fronte all’innovazione tecnologica. Vorrei comprare tutte le novità. Vado allo SMAU di Milano e ci resto due giorni perché voglio vedere le novità.” E prosegue – “Mi pare che oggi siano cambiate tante cose: la quantità di messaggi e la loro temporalità, così come è cambiata la medialità, che è diventata multimedialità. Ma non si capisce ancora se è avvenuta una rivoluzione, se si tratti di una vera discontinuità. Siamo troppo dentro al fenomeno per poterlo dire. Fra qualche anno quello a cui abbiamo assistito si rivelerà o come una cesura epocale, come la scoperta dell’America o il copernicanesimo, oppure come una continuità seguita poi da altre tappe.”
Quanto crede che ciò abbia contribuito al cambiamento della didattica?
A dir il vero, il contributo è stato davvero minimo. I professori conoscono poco la pedagogia e soprattutto la pedagogia degli adulti, ben diversa da quella dei ragazzi. Oggi la didattica dovrebbe essere basata almeno per il 40% su informatica ed e-learning. La lezione e la didattica on-line dovrebbero essere capaci di coinvolgere in maniera intensa gli studenti soprattutto in una facoltà, come questa di Scienze della Comunicazione, dove i numeri sono molto elevati e il contatto tra docente e discente viene a mancare. La mia cattedra,Sociologia del Lavoro, ad esempio, è dotata di un sito, (www.sociologiadellavoro.it), in cui è possibile visualizzare la didattica nei minimi dettagli e tra le varie aree anche mostre, poesie e quant’altro venga prodotto dagli studenti. Vi è, inoltre, uno spazio dedicato al rapporto con i genitori.
Come il cambiamento dell’istituzione università ha influito e continua ad influire sulla cultura degli studenti, sulla loro vita e sui loro consumi?
I mutamenti che ha vissuto l’università hanno cambiato ben poco la vita dello studente. Dovrebbero influire molto di più. E’ anche vero, però, che gli studenti sono cambiati da altri punti di vista: spesso sono figli di non-laureati. Ciò significa che la base culturale del paese si estende e che le università dovrebbero essere in grado di accompagnare questa nuova generazione nel loro cammino, di essere una comunità pedagogica e sociale, incontro di professionalità, amore, amicizia, convivialità e gioco.
Ritiene che una facoltà sia già un luogo di ritrovo e di svago, oltre che di studio, o che debba diventarlo? Clicca per la II parte dell’Intervista al prof. De Masi
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