Di Renato Reggiani
UniversiNet.it – La Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) evidenzia l’urgente bisogno di affrontare la crescente minaccia degli incendi boschivi, alimentata dai cambiamenti climatici e aggravata dalla carenza di aerei antincendio come il Canadair oramai uscito di produzione. La situazione è tale da alimentare un circolo vizioso: gli incendi boschivi rilasciano CO2 nell’atmosfera, il che a sua volta aggrava il riscaldamento globale.
Nel 2022, l’Unione Europea e il Regno Unito hanno registrato le emissioni più alte dall’anno 2007, pari a 9 megatonnellate di carbonio, che equivale a quello emesso da 10 milioni di automobili nello stesso periodo. Questo è notevole considerando il fatto che sono stati registrati 2709 incendi, molto al di sopra della media degli ultimi 17 anni.
Oltre alla CO2, gli incendi rilasciano altre sostanze nocive. Ad esempio, in Italia, sono state emesse 2.750 tonnellate di ossidi di azoto e 7.500 tonnellate di PM 2.5 a causa degli incendi. Alcuni di questi composti, come gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), le diossine e i PCB (policlorobifenili), possono persistere nell’aria e depositarsi sul terreno anche dopo lo spegnimento dell’incendio, costituendo un pericolo sia per l’ambiente che per la salute umana.
La Sima suggerisce che il modo migliore per affrontare questo problema è attuare buone pratiche di gestione del paesaggio, note come fire-smart, che puntano a ridurre la biomassa infiammabile e aumentare la diversità ambientale. Uno studio dell’Istituto Oikos suggerisce che l’implementazione di queste pratiche su appena il 5% del territorio ad alto rischio potrebbe ridurre del 14% l’area bruciata ogni anno, contribuendo così a ridurre le emissioni di CO2 e a rispettare gli obiettivi di neutralità climatica fissati per il 2050.